DE eng

Search in the Catalogues and Directories

Hits 1 – 6 of 6

1
Progetto Tales at Home. APP-rendere attraverso il linguaggio delle emozioni nelle famiglie multilingue
Elisabetta Di Giovanni, Gaetano Di Napoli, Lorena Allegra. - : Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. : country:IT, 2019. : place:Bologna, 2019
BASE
Show details
2
Bambine e ragazzi bilingui nelle classi multietniche di Torino
Ritucci, Raffaella. - : Humboldt-Universität zu Berlin, 2018
BASE
Show details
3
Il ritorno del narratore nella letteratura dei e sui viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo
Consoli, Tessa. - 2018
In: Consoli, Tessa. Il ritorno del narratore nella letteratura dei e sui viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo. 2018, Universität Zürich, Faculty of Arts. (2018)
BASE
Show details
4
Il dito medio rivolto al potere: Il ritorno di Wole Soyinka sulla scena editoriale
Deandrea, P.. - 2017
Abstract: “Il mio rapporto con l’Italia è senza dubbio stretto”, ha dichiarato qualche anno fa Wole Soyinka in un’intervista per Il manifesto. Gli ultimi mesi del 2016 hanno rinsaldato questo suo legame con il nostro paese grazie a tre volumi importanti, occasione per celebrare il trentennale del Nobel per la Letteratura: nel 1986 Soyinka fu il primo africano a riceverlo, e l’evento segnò l’affermarsi definitivo dell’Africa sulla scena letteraria mondiale. Jaca Book ristampa L’uomo è morto (1972), diario dei 27 mesi di prigionia sofferti tra il ‘67 e il ‘69 (in buona parte in isolamento). Siamo negli anni della cosiddetta ‘Guerra del Biafra’, conflitto civile che porterà al genocidio della popolazione Igbo dichiaratasi indipendente dalla nazione nigeriana, e alla riconquista dei suoi preziosi giacimenti petroliferi. Da sempre attivista infaticabile per la democrazia e i diritti civili, Soyinka tenta di usare la propria influenza (e la sua rete di contatti ‘underground’) per costruire accordi di pace e un embargo sulla vendita di armi, ma il regime militare nigeriano lo accusa di collaborazionismo con il nemico. L’uomo è morto è testimonianza dei metodi del terrore utilizzati dal regime militare sugli igbo e altri oppositori, e delle tecniche più subdole per piegare un personaggio pubblico come Soyinka. In un lungo braccio di ferro con l’autorità, talvolta ottusa come una caricatura e talvolta più dialetticamente raffinata, Soyinka registra le proprie reazioni allo stato umiliante cui viene sottoposto. L’esperienza delle catene, ad esempio, lo porta aldilà del dolore personale, a sperimentare ciò che lui definisce memoria razziale: “L’avevo provato, così mi pareva, centinaia di anni prima. (…) non ero un ‘detenuto’ in una squadra di forzati del South Alabama o di Johannesburg, ma (…) questa antitesi umana veniva rappresentata nel moderno ufficio di un moderno grattacielo della cosmopolita Lagos nell’anno 1967.” Il periodo trascorso in isolamento diventa il galleggiare in un vuoto senza riferimenti concreti: “Passano giorni, settimane, mesi. Boe e pietre miliari svaniscono. Lentamente, implacabilmente, la realtà si dissolve e la certezza tradisce la mente. (…) Sepolto vivo? Devo lottare per liberarmi dalla botola della mia mente.” Questa lotta viene descritta come una riconquista della razionalità e della logica attraverso il linguaggio, dove l’autore si procura gli strumenti per scrivere in condizioni proibitive e addirittura riesce a fabbricare un proprio inchiostro (ribattezzato “Soy-ink”). L’accento sul ruolo del linguaggio è esplicito fin dal prologo del volume, rivolto a “chi non è morto alla lingua”, perché “il linguaggio deve essere parte di una terapia della resistenza” e deve mostrare la lingua, alzare il dito medio “in un osceno gesto di sfida”, altrimenti rimane soltanto “il volto dell’intellettualismo collaboratore con il potere”. Prima e dopo questo lungo periodo in carcere, il dito medio al potere Soyinka l’ha mostrato sempre, dagli anni ’50 fino al lungo esilio cui è stato costretto dallo spietato regime del generale Abacha negli anni ’90. Di questa incredibile vita in difesa appassionata della giustizia testimonia un altro volume autobiografico, Sul far del giorno (2006). Grazie alla cura di Alessandra Di Maio, La nave di Teseo ripubblica l’edizione Frassinelli del 2007 (cfr. Indice xxv:3, marzo 2008) ma con note arricchite, capitoli ristrutturati, refusi ed errori di traduzione in parte eliminati, nonché una preziosa serie di fotografie. Di fronte a una riedizione così sontuosa, viene da pensare che nella sua ristampa de L’uomo è morto Jaca Book avrebbe potuto rivederne la traduzione da una prospettiva più consapevole del contesto nigeriano e della biografia dell’autore, oltre che più creativa nei confronti della sofisticata sintassi soyinkiana. Sul far del giorno poggia su alcuni concetti fondamentali che percorrono le innumerevoli lotte politiche dell’autore contro il razzismo britannico, la dittatura in Nigeria e l’apartheid in Sudafrica. Innanzi tutto la giustizia, “prima condizione dell’umanità”. Uscito dalla prigionia descritta ne L’uomo è morto, Soyinka si descrive come catapultato nel paradosso di “una società che si abbeverava alla fonte dell’umiliazione, ma che si pavoneggiava come se fosse vittoriosa.” Il secondo principio fondante è quello dell’empatia con il prossimo, incarnata nel terrore che assale l’autore (palpitazioni, ansia, tremolio) ogni volta che ripensa all’umiliazione subita dal collega drammaturgo Ola Rotimi, frustato per futili motivi di fronte ai famigliari a un posto di blocco. Non stupisce che al centro del suo impegno incessante, e della sua preziosa quanto abbondante produzione letteraria, Soyinka mantenga una pratica eminentemente empatica come l’insegnamento, “fonte costante di conforto, un’attività intellettuale fondamentale che ristabiliva il senso delle proporzioni ed evidenziava l’assurdità di gran parte della realtà politica.” Anche grazie a questa pratica ha saputo costruire nel tempo una rete sotterranea, la “Confraternita dei Pirati”, composta da fedelissimi della democrazia all’interno dei vari corpi dello stato. A 83 anni, “Prof” (come viene chiamato da nigeriani e non) non intende smettere di mostrare il dito a ogni sorta di imperialismo, compreso quello di Boko Haram che di recente non gli ha risparmiato minacce di morte. O quello di Trump, visto che nel gennaio scorso Soyinka ha dichiarato di voler stracciare la propria green card e la residenza permanente concessagli da Jimmy Carter durante l’esilio politico. Già in L’uomo è morto rigettava una semplice sopravvivenza degli artisti “corrotti e sedotti dal tributo allo stato di saggio, isolati con cura dall’intimità con le faccende degli uomini”. Non esiste “egoismo spirituale recluso”, per il Prof. Ne è prova anche il terzo volume uscito in Italia a fine 2016, Migrazioni/Migrations (anche qui con apparati fotografici), che raccoglie versi di vari poeti sulla condizione di migrante. In ambito britannico, il biennio 2105-16 ha visto l’esplodere della questione migrante nei canali d’informazione mainstream, e la produzione di simili raccolte di prosa o poesia con autori più o meno noti, talvolta finanziate da progetti di crowdfunding (alcuni titoli sono elencati in questa pagina). Nella postfazione a Refugee Tales, David Herd mette in evidenza la natura spaziale dell’imperialismo anti-rifugiati: non solo bloccati da confini, ma in Gran Bretagna detenuti, oppure dispersi forzosamente, trattenuti in luoghi che non hanno il permesso di abbandonare, privati del diritto di usare i mezzi pubblici, costretti a vivere di voucher. Insomma, soffocati da “un rapporto con lo spazio pubblico profondamente compromesso.” Refugee Tales nasce da una marcia collettiva tra Londra e Canterbury sulla rotta dei pellegrini di Chaucer, proprio per ri-conferire a questo spazio nazionale una valenza “eticamente sostenibile”. In maniera analoga, in Sul far del giorno Soyinka scriveva che “il movimento è l’essenza tangibile della libertà”. L’originalità di Migrazioni risiede in come unisce (con l’aiuto di Jahman Anikulapo, Alessandra Di Maio, Sesan Dipeolu e vari traduttori) 16 firme nigeriane e 16 italiane (in formato testo-a-fronte) per trovare un linguaggio-ponte sulla questione mediterranea. Anche se non tutti i poeti si dimostrano all’altezza dell’intento di partenza, buona parte dei versi lasciano il segno. Chris Abani scrive che “Non c’è terra natale. / Siamo sempre su un binario / in attesa di un treno che quasi mai arriva.” Tolu Ogunlesi descrive il viaggio dei dannati della terra: “Come vi piacerebbe andarvene, / la morte chiese agli spiaggiati: / gonfi, o bruciati dal sole del deserto? / Ai restanti si fece cenno di procedere, di sgombrare / (…) / dentro un’eterna notte italiana.” Tra i poeti italiani c’è il favolismo di Stefano Benni, ed Erri De Luca che incarna l’ingiustizia dei nostri tempi in una sorta di essere mitologico: “Voi siete il collo, la cima pettinata del pianeta, / noi siamo i piedi e vi reggiamo il peso.” Ascanio Celestini ritorna sul concetto arendtiano del rifugiato come figura-chiave del contemporaneo, ma a modo suo, con una beffarda rivoluzione (che ricorda la poesia “Stanotte a mezzogiorno” di Adrian Henri): “il giornalista autorizzato dalla redazione disse che il quiz del sabato sera / il tirassegno sul negro che passa la frontiera / il telegiornale di Paperino / il grande fratello con suo cugino / le olimpiadi della mazzafionda / non sarebbero più andati in onda / disse ‘è saltata la programmazione perché fra cinque minuti comincia la rivoluzione’”. C’è poi il verso misurato di Milo De Angelis sugli spettri accanto a noi: “escono dalla stanza nello spavento delle strade / con un volto invisibile e uno straziato, / nessuna impronta li segnala / ci aspettano lì, con un piede nel vuoto.” Concludo con questa immagine associandola a quella di casa espressa da Uche Peter Gomez (“Casa è ovunque / trovi una cosa d’amare / casa è null’altro / che terra e cemento”), perché messe insieme riportano a un sogno ricorrente descritto da Soyinka ne L’uomo è morto, durante il periodo in isolamento: il deporre mattoni per costruire una casa, tranquillamente, senza sforzo, nato da un’esperienza giovanile nell’Olanda post-inondazione, come emblema di generosità e cameratismo. Seguìto dalla caduta in un abisso simile al vuoto di De Angelis, alla perdita di ogni senso umano dello spazio: “notte dopo notte, il terribile silenzio…”
Keyword: detenzione; esilio; Mediterraneo:; migranti; rifugiati; Soyinka
URL: http://hdl.handle.net/2318/1645708
BASE
Hide details
5
TRATTENUTI E TRATTAMENTI ESISTENZE E SPAZI FRA PENALE E NON PENALE
M. Buffa. - : Università degli Studi di Milano, 2016
BASE
Show details
6
Lingue migranti e nuovi paesaggi
M.V. Calvi; I. Bajini; M. Bonomi. - : LED, 2014
BASE
Show details

Catalogues
0
0
0
0
0
0
0
Bibliographies
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Linked Open Data catalogues
0
Online resources
0
0
0
0
Open access documents
6
0
0
0
0
© 2013 - 2024 Lin|gu|is|tik | Imprint | Privacy Policy | Datenschutzeinstellungen ändern